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list In: Normativa person Pubblicato da: Renzo Cattaneo

TPD: le certificazioni non esistono

Tra le tante cose che si leggono nel web riferite alla TPD la parola certificazioni è tra le più ricorrenti.

In sintesi però: le certificazioni dei liquidi da inalazione non esistono

Tra le tante cose che si leggono nel web riferite alla TPD la parola certificazioni è tra le più ricorrenti.

In sintesi però: le certificazioni dei liquidi da inalazione non esistono

Il termine certificazione viene per vari motivi abusato, vediamo di capire che cosa è una certificazione in senso generale prima di tutto. Consultando l'enciclopedia Treccani si può leggere:

"L'ordinamento non definisce la nozione di certificazione, ma il Testo unico della documentazione amministrativa (d.p.r. 28 dic. 2000 nr. 445) definisce il 'certificato' (che, come si è detto, è il documento in cui essa si esterna), come il documento "rilasciato da un'amministrazione pubblica avente funzione di ricognizione, riproduzione e partecipazione a terzi di stati, qualità personali e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche"."

Consegue che la prima cosa da verificare per sapere se si possa parlare di certificazione è che esista un soggetto certificatore riconosciuto. Nel caso dei liquidi da inalazione ad oggi non esistono soggetti con questo tipo di caratteristiche, cosa che non accade ad esempio nei prodotti del tabacco ove il DL 6/2016 chiarisce all'art 4 comma 2 che "La misurazione di cui al comma 1 e' verificata dal laboratorio di cui al decreto del Ministro delle finanze del 31 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 232 del 4 ottobre 1994, e da laboratori autorizzati ai sensi dell'articolo 5. Detti laboratori non devono essere posseduti o controllati direttamente o indirettamente dall'industria del tabacco".

Quindi se non esiste il soggetto certificatore come si può parlare di certificato ? A maggior ragione come si può parlare di autocertificato?

Vediamo peraltro di capire come è definito "il certificato" cioè il risultato dell'attività di certificazione. "Nel contesto della certificazione accreditata secondo gli standard degli enti di normazione nazionali e internazionali (UNI, ISO, ecc.), certificazione è un termine ben preciso, previsto dalla norma UNI EN ISO 17000. In termini sintetici si può dire che il certificato è un attestato di conformità (rilasciato rispetto ad una specifica precisata, non esiste la certificazione generica) emesso da un soggetto, terzo e indipendente, autorizzato (qualificato, accreditato, abilitato) a farlo (per legge, per norme ISO e relativi accordi di riconoscimento, etc.)."

Esistono norme o specifiche sulla fabbricazione dei liquidi da inalazione in Italia? Esistono enti pubblici o privati autorizzati? La risposta è NO e quindi non esistendo tutto questo siamo all'esclusione del concetto di certificazione/certificato. Proprio perché non esiste una normativa specifica da ossequiare irriferibile a dei massimi valori o a delle metodologie di prova, i tests svolti per la valutazione delle emissioni a caldo sono legittimamente definibili "rapporti di prova" o "analisi" senza possibilità tecnico/legale di usare il termine certificati.

Detto questo la procedura di inserimento al portale europeo (Common Entry Gate) di un liquido da inalazione si svolge fornendo una serie di informazioni relative ai liquidi che sono NOTIFICATI e non certificati, il termine usato è SUBMISSION che letteralmente significa PRESENTAZIONE. Devono essere fornite informazioni delle emissioni a caldo di alcuni contaminanti (ma non ne sono previsti limiti superiori), la classificazione CLP, la composizione del liquido, la quantità di aroma, il sistema di refill ecc. Tutte informazioni che il fabbricante o l'importatore fornisce sotto la propria responsabilità dichiarando "che la qualità e la sicurezza del prodotto è conforme alle norme quando è immesso nel mercato e utilizzato in condizioni normali o ragionevolmente prevedibili". Ovviamente si parla delle norme che esistono come ad esempio il regolamento CLP. Questo regolamento vigente dal 2008 in buona sostanza obbliga i "produttori" ad avvisare con apposita segnaletica le avvertenze (H) o le prudenze (P) da utilizzare per il consumo di un certo specifico prodotto una volta avendone valutato sotto responsabilità propria le caratteristiche. Questa attività valutativa può essere svolta dal fabbricante se ne ha la capacità o per suo conto da un professionista, da un ente o società scelto dal medesimo qualora ne esistano i presupposti o la necessità tecnica. Con ovvietà che il soggetto responsabile è sempre e comunque il Fabbricante, in quanto il Consulente svolge per questo un'attività nelle more delle proprie competenze professionali e responsabilità inerenti e conseguenti.

Quindi un prodotto notificato al portale non è un prodotto che ha superato un "esame di stato", ma semplicemente un prodotto per il quale sono state dichiarate le caratteristiche, qualsiasi esse siano, sotto la responsabilità del fabbricante stesso. Ovvio che essendo il fabbricante o l'importatore l'unico soggetto riconosciuto dalla legge per svolgere questa attività in caso ad esempio di problematiche nell'uso del prodotto è chiamato a risponderne.

Il consumatore ad oggi, "purtroppo" viene da dire, non è garantito della sicurezza del prodotto ma solo avvisato delle caratteristiche dello stesso. Semplicemente è certo che il prodotto che sta consumando è stato presentato all'autorità europea e sono state fornite tutte le informazioni richieste per poterlo commercializzare, niente di più. L'utilità di tutta questa attività non è però fine a se stessa in quanto comunque il fabbricante è chiamato ad un'assunzione di responsabilità come si è detto e ciò è sicuramente a vantaggio della sicurezza o quantomeno alla condizione di utilizzo consapevole del prodotto da parte del consumatore. Ricordiamoci perà che specificare le caratteristiche del prodotto, redigere le schede di sicurezza non è una novità, certo che la normativa europea come recepita in Italia dal dl 6/2016 aiuta sicuramente a ridurre la jungla della produzione di liquidi senza cognizione di causa.

È evidente che nel caso in cui il fabbricante abbia volontà di assumersi la responsabilità integralmente e abbia competenze specifiche per farlo, può svolgere l'attività di presentazione al portale europeo in totale autonomia e senza ombra di dubbio che si sia arbitrariamente ed illecitamente assunto facoltà estranee agli ambiti applicativi della normativa attuale, questo in quanto non esistono vincoli di carattere normativo che possano definire una non commerciabilità di un prodotto sulla base dell'attore che ha dichiarato le caratteristiche dello stesso.

Per chi volesse sentire un'opinione autorevole sull'argomento per approfondimento segnalo l'intervista rilasciata dal Dr. Ferri di FEM2 consultabile qui .

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